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[Trad] Il genocidio degli omosessuali in Iran

Dal sito: Morte Bianca dell'Islam
Sezione: Islam and the Third Sex People
Traduzione di: The Genocide of Homosexuals in Iran



Il genocidio degli omosessuali in Iran

uomini-gay-impiccati.jpg

[1] Sin dalla rivoluzione islamica in Iran, a partire dagli anni '80, quando il leader religioso Khomeini prese le redini del potere, 4000 persone GBLT furono uccise con dei metodi raccapriccianti, come la decapitazione con una spada, la lapidazione a morte, tagliati in due con una lama e bruciati sul rogo.

Motivo dell'esecuzione:

"La pena di morte non si applica solo alla sodomia, ma anche alle trasgressioni ripetute di atti sessuali minori come la masturbazione reciproca e lo sfregamento del corpo. Il semplice atto di due persone dello stesso sesso che giacciono nude insieme "senza alcuna necessità" è un crimine punibile fino a 99 frustate. Un uomo che ne bacia un altro, anche "senza desiderio", merita 60 frustate. Queste fustigazioni possono causare lesioni permanenti agli organi interni, gravi emorragie e talvolta la morte. Le autorità iraniane hanno intensificato la loro crociata contro l'omosessualità nel 1990, con un'ondata di esecuzioni pubbliche. Il primo giorno della nuova repressione, tre uomini gay sono stati decapitati in una piazza cittadina a Nahavand e due donne accusate di essere lesbiche sono state lapidate a morte a Langrood. Giustificando queste uccisioni, il Presidente della Corte Iraniana, Morteza Moghtadai, ha dichiarato: "La punizione religiosa per l'atto spregevole dell'omosessualità è la morte per entrambe le parti".

Contemporaneamente, il leader religioso Ali Khameni ha denunciato "l'omosessualità, sia maschile che femminile". Ha condannato la Gran Bretagna e gli Stati Uniti per aver promosso le relazioni gay, sostenendo che i due paesi avevano legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso. L'omosessualità era, ha detto, un sintomo del decadimento e della corruzione della cultura occidentale.

Il suo collega, il leader religioso Musavi-Ardebili ha richiesto la rigorosa applicazione delle punizioni islamiche per i comportamenti delle lesbiche e dei gay. Descrivendo le procedure per l'esecuzione degli omosessuali, ha dichiarato agli studenti dell'Università di Teheran questo:

“Dovrebbero afferrarlo (o afferrarla), tenerlo in piedi, squarciarlo in due con una spada, tagliargli il collo o la testa... dopo che è morto, bisogna portare del legname, preparare un rogo e mettere il cadavere sulla legna, dargli fuoco e bruciarlo. Oppure dovrebbe essere portato in cima ad una montagna e gettato giù. Successivamente, le parti della salma dovrebbero essere raccolte insieme e bruciate. Oppure dovrebbero scavare una buca, accendere un fuoco nella buca e gettarlo vivo nel fuoco. Non abbiamo punizioni simili per altri reati”, si vantava il teologo. “Non può esserci il minimo grado di pietà o compassione... Sia lodato Dio.”

Lesbiche e gay che vivono in paesi dominati dai nuovi secoli bui del fondamentalismo islamico non possono permettersi il lusso liberale di tollerare il fanatismo religioso. Per loro, gli argomenti politicamente corretti sulla "sensibilità culturale" compromettono la loro libertà e persino le loro vite e sono come uno schiaffo verso gli estremisti." da http://iranian.com/Letters/1999/September/gay.html

[2]Ecco la storia di un omosessuale vittima di tortura in Iran

Amir è originario di Shiraz, una città di oltre un milione di persone nel sud-ovest dell'Iran che lo Scià cercò di trasformare nella "Parigi dell'Iran" negli anni '60 e '70, attirando un numero non trascurabile di gay e rendendo Shiraz una meta di vacanza preferita dai gay iraniani, ma dopo la Rivoluzione del 1979 guidata dal leader religioso Khomeini, Shiraz fu presa di mira come simbolo di credenze errate sulla lettura del corano (idolatria). Il padre di Amir fu ucciso da un attacco di gas nella guerra Iran-Iraq nel 1987, diventando - nel linguaggio ufficiale della Repubblica Islamica - un "martire", la cui famiglia sopravvissuta aveva quindi diritto a speciali benefici e trattamenti da parte dello Stato.

Amir, cresciuto con la madre, un fratello maggiore e due sorelle, dice: "Ho saputo di essere gay da quando avevo circa 5 o 6 anni - ho sempre preferito giocare con le ragazze. Ho avuto la mia prima esperienza sessuale con un uomo quando avevo 13 anni. Tuttavia nessuno nella mia famiglia sapeva che ero gay". Il primo arresto di Amir per essere gay è avvenuto due anni fa: "Ero ad una festa gay privata, c'erano circa 25 giovani, tutti amici stretti. Uno dei ragazzi, Ahmed Reza - il cui padre era un colonnello dei servizi segreti e che la polizia sapeva essere gay - ha fatto la spia e ha avvisato le autorità che questa festa privata si sarebbe svolta. Ahmed ha aspettato che tutti fossero lì, poi ha chiamato l'Ufficio per la Promozione della Virtù e la Proibizione del Vizio, guidato a Shiraz dal colonnello Safaniya, che pochi minuti dopo ha fatto irruzione nella festa. La porta si è aperta ed i poliziotti sono entrati in massa, insultandoci - sotto la guida dal colonnello Javanmardi, ci urlavano 'Chi sta dietro? Chi sta davanti?' e ci picchiavano. Quando qualcuno ha cercato di impedirgli di picchiare l'organizzatore della festa, sono stati colpiti con lo spray al peperoncino. Una del nostro gruppo era una transessuale - i poliziotti le hanno dato uno schiaffo così forte che le hanno rotto il timpano ed è finita in ospedale. Ahmed Reza, la spia gay, stava identificando tutti mentre i poliziotti ci picchiavano.

"I poliziotti hanno preso dei lenzuoli, li hanno strappati, ci hanno bendati, ci hanno buttati in un furgone e ci hanno portato in una cella di sicurezza nella sede centrale del Ministero dell'Interno - ci conoscevano tutti per nome", racconta Amir. Gli iraniani vivono nella paura del Ministero dell'Interno, che ha una reputazione simile a quella dell'ufficio interno del KGB dell'ex Unione Sovietica e le cui prigioni incutono timore nei cuori delle persone, come un tempo faceva la famigerata Lubianka. Amir racconta che "Sono stato la terza persona ad essere interrogato. I poliziotti avevano sequestrato dei video girati alla festa, in uno dei quali recitavo una poesia. I poliziotti mi hanno detto di recitarla di nuovo. 'Quale poesia?' ho detto. Hanno iniziato a picchiarmi in testa ed in faccia. Quando ho provato a negare di essere gay, mi hanno tolto le scarpe e hanno iniziato a colpirmi le piante dei piedi con dei cavi, il dolore era atroce. Ero ancora bendato. Avevano trovato dei dildo nella casa dove si teneva la festa - mi hanno picchiato con quelli e me li hanno infilati in bocca. Quando ho detto a loro che mio padre era un martire [della guerra Iran-Iraq] mi hanno picchiato ancora di più e più duramente. Mi hanno tolto la tessera [che dava diritto ad Amir ai benefici del martire] e hanno detto che l'avrebbero detto all'università locale, dove stavo studiando informatica".

Nello stesso momento, continua Amir, "Sono andati a casa mia, hanno sequestrato il mio computer, hanno trovato foto omoerotiche di ragazzi e le hanno mostrate a mia madre. È così che mia madre ha scoperto che ero gay. Alla fine sono stato processato e multato di 100.000 tumen [circa 120 $, una grossa somma in Iran]. Mentre mi stavano processando, il giudice mi ha detto che 'se ti mandiamo da un medico che certifica che il tuo retto è stato penetrato in qualsiasi modo, sarai condannato a morte'".

La maggior parte della repressione anti-gay, dice Amir, è condotta dai Basiji. I Basiji sono una specie di para-polizia non ufficiale sotto l'autorità delle rigide Guardie Rivoluzionarie (chiamate Pasdaranin Persian). Sono i Basiji - teppisti reclutati tra le classi criminali e tra i disoccupati di basso rango - ad essere assegnati come agenti provocatori ed a cui viene dato il lavoro sporco e violento, così il regime può affermare di non essere ufficialmente responsabile. Ad esempio, durante i recenti scioperi e manifestazioni universitarie, sono stati i Basiji ad essere accusati di defenestrazione e di brutali percosse agli studenti ribelli.

Un anno dopo il suo primo arresto, Amir, ostinatamente, si trovava in una chat-room gay di Yahoo sul web: "Qualcuno è entrato nella chat-room e ha iniziato a mandarmi messaggi, ma gli ho detto che non era il mio tipo e gli ho dato una descrizione del tipo di ragazzo che stavo cercando di incontrare. Pochi minuti dopo, un altro ha iniziato a mandarmi messaggi. Ci siamo scambiati delle foto e lui mi ha mandato subito la sua pagina web – questo corrispondeva esattamente a tutte le descrizioni che avevo inviato al ragazzo precedente. In seguito si è scoperto che entrambi i ragazzi erano agenti di polizia; ne avevano così tanti che potevano inventarne uno che corrispondesse alle preferenze personali di qualsiasi ragazzo gay nelle chat-room".

“Con questo secondo tizio, ero davvero emozionato e fissammo un appuntamento per quel pomeriggio in una cabina telefonica vicino al ponte Bagh-e Safa. Quando arrivai, iniziammo ad allontanarci per parlare e conoscerci. Soltanto che nel giro di 30 secondi, sentii una mano posarsi sulla mia spalla: era un agente in borghese, il cui nome si rivelò essere Ali Panahi. Con altri due Basiji, mi ammanettò, mi costrinse a salire in macchina e mi riportò nella sede del Ministero dei Servizi Segreti, un posto molto spaventoso. Lì negai di essere gay e che si fosse trattato di un incontro gay, ma mi mostrarono un tabulato dalla chat-room dove c'erano i miei messaggi e le mie foto.”

Poi, racconta Amir, è iniziata la tortura: “C'era una sedia di metallo in mezzo alla stanza - hanno messo una fiamma a gas sotto la sedia e mi ci hanno fatto sedere mentre il sedile di metallo diventava sempre più caldo. Hanno minacciato di mandarmi in una caserma dove tutti i soldati mi avrebbero violentato. C'era una bottiglia di bibita analcolica appoggiata su un tavolo - Ali Panahi ha detto ad uno degli altri Basiji di prendere la bottiglia e di ficcarmela nel culo, urlando: 'Questo ti insegnerà a non volere più cazzi!' Avevo così tanta paura di sedermi su quella sedia di metallo, mentre diventava sempre più calda, che ho confessato. Poi hanno tirato fuori il mio fascicolo e mi hanno detto che ero un "frocio famoso" a Shiraz. Mi hanno picchiato così forte che sono svenuto e sono stato gettato, privo di sensi, in una cella di detenzione.

"Quando mi sono ripreso, ho visto che c'erano diverse dozzine di altri ragazzi gay nella cella con me. Uno di loro mi ha detto che, dopo averlo preso, lo avevano picchiato e costretto ad organizzare appuntamenti con altre persone tramite chat-room - ognuna di quelle persone era stata arrestata. Queste erano le altre persone in quella cella con me.

“Alla fine, fummo tutti portati in tribunale ed interrogati di nuovo. Il giudice condannò quattro di noi, me compreso, alla fustigazione pubblica. La notizia che un gruppo di omosessuali era stato arrestato, era stampata su tutti i giornali, evidenziando i nostri nomi. Ricevetti 100 frustate - svenni prima che le 100 frustate fossero finite. Quando mi svegliai, avevo le braccia e le gambe così intorpidite che caddi quando mi sollevarono dalla piattaforma su cui ero stato frustato. Mi avevano detto che, se avessi urlato, mi avrebbero picchiato ancora più forte - così mi morsi le braccia così tenacemente, per evitare di urlare, che mi lasciai delle ferite profonde con i denti nelle mie stesse braccia.”

Dopo questa trappola e la fustigazione pubblica, la vita di Amir divenne insopportabile: veniva regolarmente visitato a casa sua dai Basiji e dagli agenti dell'Ufficio per la Promozione della Virtù e la Proibizione del Vizio [il quale reprime la "deviazione morale" – come per esempio ragazzi e ragazze che camminano in giro tenendosi per mano, donne che non indossano abiti islamici appropriati o che si truccano, relazioni tra persone dello stesso sesso e prostituzione].

Comunque, dopo l'impiccagione di due adolescenti gay nella città di Mashad nel luglio di quest'anno [2005] - e le proteste mondiali che seguirono quelle impiccagioni - Amir disse che le cose peggiorarono ulteriormente per lui e per gli altri gay iraniani. Amir era sotto continua sorveglianza, molestato e minacciato: "Dopo l'incidente di Mashad, le 'visite' delle autorità divennero un evento quasi quotidiano. Venivano a casa mia e mi spaventavano. Sapevano tutto di tutto quello che facevo, di tutti i posti in cui andavo. Mi raccontavano esattamente cosa avevo fatto ogni volta che uscivo di casa. Ero arrivato al punto in cui stavo iniziando a sospettare che i miei amici stessero facendo la spie. In una di queste visite, Ali Panahi - quello che mi aveva arrestato l'ultima volta - mi afferrò per i capelli e mi chiese se gli avrei succhiato il cazzo se me lo avesse chiesto. Uno dei miei amici fu violentato da Ali Panahi, che si scopava il mio amico in cambio del suo rilascio senza precedenti.

"Mi arrestavano di continuo, nel bel mezzo della giornata mi portavano dentro per interrogarmi - quando uscivo di casa mi importunavano, mi chiedevano se stavo andando a cercare un cazzo e mi dicevano di non uscire da casa mia e di stare lontano dalle strade. In uno di questi arresti, il colonnello Javanmardi mi disse che se mi avessero preso di nuovo sarei stato messo a morte, 'proprio come i ragazzi di Mashad'. Lo disse proprio così, molto semplicemente, molto esplicitamente. Non usò mezzi termini. Sappiamo tutti che i ragazzi impiccati a Mashad erano gay - le accuse contro di loro di stupro, furto e sequestro di persona erano inventate. Quando vieni arrestato, sei costretto da botte, torture e minacce a confessare crimini che non hai commesso. Succede di continuo, è successo a dei miei amici.

"Non potevo trovare lavoro a causa della mia storia. Dato che ero palesemente gay, non potevo trovare lavoro da nessuna parte e non potevo ottenere un impiego governativo per la mia fedina penale", dice Amir. L'ultima volta che la polizia si presentò a casa sua, Amir aveva deciso di provare a lasciare il paese: "Ho inventato una scusa e gli ho detto che dovevo andare a Teheran per sostenere gli esami di ammissione all'università superiore. Avevo già un passaporto da tre anni. A Teheran ho preso in prestito un po' di soldi da un amico e sono arrivato in Turchia in autobus. Al confine, sono stato davvero fortunato - ero terrorizzato perché avevo dei precedenti e non avevo abbastanza soldi per uscire o pagare una tangente". Tuttavia, le svogliate guardie di frontiera non si sono preoccupate di controllarlo - gli hanno semplicemente preso il passaporto, lo hanno timbrato e lo hanno lasciato andare. Questo, dice Amir, è successo circa un mese fa.

Quando gli viene chiesto quale messaggio vuole inviare al mondo su ciò che sta accadendo in Iran e cosa pensa del suo futuro, Amir fa una pausa e poi dice: "La situazione dei gay in Iran è terribile. Non abbiamo alcun diritto. Mi picchiavano e mi dicevano di confessare cose che non avevo fatto ed io lo facevo. I gay e le lesbiche in Iran sono sotto ad una pressione incredibile - hanno bisogno di aiuto, hanno bisogno di un intervento esterno. Le cose vanno davvero male. Davvero male! Siamo costantemente molestati in pubblico, mentre camminiamo per strada, andiamo al negozio, torniamo a casa... ovunque e dovunque, ciascuno e tutti! Uno dei miei cari amici, Nima, si è suicidato un mese fa a Shiraz. Non ce la faceva più. Non so cosa mi succederà. Ho finito i soldi. Non so cosa fare. Spero solo che non mi rimandino in Iran. Lì mi uccideranno".

L'esecuzione di omosessuali in Iran continua ancora oggi, la più recente risale al 2014 quando due uomini sono stati giustiziati per essere gay ed aver "insultato il profeta", vedi qui per l'articolo: http://www.jihadwatch.org/2014/03/new-moderate-iran-executes-two-gay-men-and-hands-down-death-sentence-for-insulting-the-prophet

Fonti

[1] I nuovi secoli bui: http://iranian.com/Letters/1999/September/gay.html
[2] Diritti umani e democrazia in Iran: http://www.iranrights.org/library/document/323/theyll-kill-me-a-gay-iranian-torture-victim-speaks
 

Al Jilwah: Chapter IV

"It is my desire that all my followers unite in a bond of unity, lest those who are without prevail against them." - Satan

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