Non tutti gli scritti antichi furono censurati, con l'avvento delle religioni abramitiche la parola demone fu reinterpretata e le fu conferito un nuovo significato come verrà mostrato di seguito, quindi non ne avevano bisogno in questo caso. Platone era comunque allievo di socrate di conseguenza possedeva parte delle conoscenze del suo maestro.
È necessario tenere presente come negli scritti antichi la parola demone indicasse diversi concetti, non soltanto uno come ci aspetteremo:
La
prima concezione di “Demone” indicava gli antenati ascesi spiritualmente, o comunque antenati illustri i quali hanno raggiunto un livello spirituale elevato.
Una testimonianza di ciò proviene da uno dei più importanti poeti della grecia antica, Esiodo, il quale narra di come gli uomini dell'Età dell'Oro, finito il loro ciclo, divennero "daimones immortali", adibiti a vegliare sul destino degli umani. Ed egualmente quelli dell'Età dell'Argento, che dopo la catastrofe che pose fine al loro mondo divennero “daimones sotterranei”.
Secondo Esiodo sono da considerare i Daimones come i “Divini Padri” dell'Età dell'Argento e dell’oro. (Op. - vv. 127-42)
Questi Immortali sono, secondo le sue parole «i daimones dell'Età dell'Oro, custodi dei mortali», i quali erano al fianco di Kronos, il romano saturno (Sat-urno, Satana), loro sovrano primordiale. Il mito racconta che Kronos assieme ai suoi demoni, dimori su una nascosta isola, in attesa del ritorno dell'età aurea, in uno stato dormiente, Saturno/krónos giace in una caverna dorata insieme ad alcune anime beate ("i demoni buoni") le quali vivono oltre il tempo. Quando krónos si risveglierà dal suo lunghissimo sonno rinascerà a noi come bambino e tornerà a regnare assieme alle anime dei beati ristabilendo una nuova età dell'oro. Qui viene narrato il futuro ritorno degli dei. La parola demone indica un umano che ha raggiunto lo status divino.
Il
secondo significato, simile al primo:
La parola demone era un epiteto per indicare gli dei stessi: Il dio Apollo era chiamato daimon («
spirito immortale»), Apollo è inoltre il dio serpente che guarisce ed allo stesso tempo distrugge, tra i nomi romani di Apollo vi era Luxferre, ossia lucifero. Apollo era considerato il signore dei demoni.
Secondo Pausania "Daimon" era uno dei nomi con i quali veniva chiamato Zeus,
Agathodaemon era anche il nome del Dio Androgino Dioniso, androgino poiché il femminile e il maschile in lui si sono uniti raggiungendo la perfezione dell’anima.
Il nome Daimon è spesso associato agli dei: Zeus Meilichios (invocato nell'inno orfico 73, si riferisce Zeus come Daimon), tale nome si riferisce a un vecchio aspetto serpentino di Zeus associato alla fortuna.
I testi antichi parlano dell'Agathos Daimon come Helios Daimon ossia il demone solare,
e "governatore del mondo", un epiteto simile è stato attribuito a Satana, anche lui è un "governante del mondo". Dioniso viene più volte nominato negli inni orfici "Demone immortale", ed anche"Il Bicorna" (Inno orfico 30 a Dioniso), questo è correlato al simbolo delle corna, da qui i cristiani hanno preso spunto per la figura del diavolo inteso come l’insieme delle divinità antecedenti ad essi.
Demone era quindi un nome per indicare gli dèi o chiunque avesse raggiunto tale status.
Vi era anche un
terzo significato, che si potrebbe fondere con i primi due:
Il daimon rappresentava la parte divina di sè, il “Dio interiore” o l’anima risvegliata. Questo è ciò a cui si riferiscono i filosofi come socrate,
quest’ultimo racconta come la voce del suo daimón lo fermasse dal compiere determinate azioni non affini alla sua vera natura per proteggerlo: “E' una voce che sento dentro di me fin da fanciullo e tutte le volte che l'avverto mi distoglie da ciò che sto per fare, ma non mi sollecita mai a fare qualche cosa. E' essa che s'oppone a ciò ch'io m'immischi nella vita politica; e credo bene, a ragione”.
Il demone interiore di socrate lo guidava verso una vita retta.
Platone narra invece: A proposito della parte principale/più nobile dell'anima che è in noi, della parte che - noi diciamo - risiede nella sommità del capo, bisogna pensare che il Divino l'ha data a ciascuno di noi come Demone, la quale abita sulla sommità del nostro corpo, e ci solleva da terra verso la nostra affinità celeste, come piante celesti e non terrene."(Platone, Timeo 90a)
Platone si riferisce al chakra della corona, il quale anche in oriente come in grecia era considerato la sede della divinità interiore o della coscienza superiore. Platone asserisce che il demone interiore risiedesse in questa zona.
Anche Giamblico disse: E se bisogna rivelarti la verità sul Demone personale, esso è distribuito a noi non da una parte sola dei fenomeni celesti, né da un elemento del mondo visibile, ma dal cosmo intero, dalla sua multiforme vita, dal suo multiforme corpo, da tutto ciò per cui l'anima scende nel divenire, ci è data una sorte individuale, che si divide per ciascuna delle nostre parti, secondo una signoria particolare." (Giambl. De Myst. IX 280, 1- 7)
Secondo il mito di Er raccontato da Platone nella Repubblica : “Prima della nascita, l'anima di ciascuno di noi sceglie un'immagine, un disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo e crediamo di essere venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino superiore, e anche l'unico che non beve dalle acque dell'oblio, per tale motivo il daimón ricorda ogni cosa.”
Per tale ragione l’uomo è stato allontanato dal Daimón, socrate ed altri si riferivano probabilmente a quest’ultimo concetto, il quale può rappresentare anche gli stessi Dèi, il punto importante è ciò che rappresenta la parola Demone, la quale indica lo stato di coscienza completamente risvegliata.
Il daimon era anche considerato un entità protettrice dei luoghi:
I greci tenevano l'effigie dell'Agathodaimon (o Agathos Daimon, in greco "demone buono") nelle loro case come buon auspicio poiché era il genio buono.
Nella mitologia dell'Antica Grecia era considerato una divinità protettrice del grano, dei vigneti e delle città. Fu presente anche nella mitologia romana soprattutto nella veste di genius loci, venendo associato anche alla fortuna, alla salute e alla saggezza.
La sua effigie era un piccolo serpente con la testa coronata e la coda con un fiore di loto, oppure come giovane che reggeva la cornucopia in una mano e nell'altra un mazzo di spighe e papaveri.
L’agathodaimon rappresenta il serpente kundalini, ed è mostrato infatti a fianco di una pigna, simbolicamente la ghiandola pineale.
In età successiva con l'avvento delle religioni abramitiche la parola "demone" assunse connotati negativi; i Demoni erano in origine considerati gli dei adorati nella natura. Nell'anno 890 d.C., attraverso il concilio Namnetense, la chiesa dichiara guerra alla natura: «I vescovi e i loro ministri devono con estrema dedizione combattere perché siano estirpati dalle radici e bruciati gli alberi consacrati ai demoni che il popolo venera e considera talmente degni di venerazione e di rispetto da non osare amputarne né un ramo né un germoglio.
Tratti in inganno dalle falsità dei demoni, venerano anche pietre in luoghi scoscesi e boscosi, dove promettono e concedono voti. Che siano distrutte dalle fondamenta e che siano gettate in luoghi dove non potranno mai più essere ritrovate!».
È possibile notare come i demoni vengano associati agli alberi e alla natura, il cristianesimo è nella sua essenza disconnesso dalla natura e dal divino, in modo simile all'uomo attuale, totalmente incapace di percepire il mondo dello spirito e separato dall'universo.
Il missionario San Bonifacio in Germania, fece abbattere molti alberi sacri per costruire chiese. Fece tagliare il famoso Albero di Thor chiamato "Quercia di Geismar", e, con la sua legna, eresse il primo monastero benedettino di Germania:
Le prove di tale furioso accanimento contro gli alberi si trovano nelle stesse agiografie; infatti possiamo portare come esempio gli anatemi dei concili provinciali, quello di Arles che nel 452 d.C. proibiva l'adorazione degli alberi, delle fonti e delle pietre; quelli di Tours e di Nantes, rispettivamente del 567 e 568 che si accanirono contro quelle persone che celebravano riti sacrileghi all'interno dei boschi e contro gli alberi consacrati al demonio. L'accanimento contro gli alberi duro per gran parte del Medioevo, durante il quale i parroci rimproveravano ed in seguito mettevano a morte, le persone che portavano offerte agli alberi, che innalzavano altari sulle loro radici e che richiedevano la protezione per la propria famiglia e per i propri beni. Carlo Magno emanó il seguente editto:
"Per quanto riguarda gli alberi, pietre e fontane, dove certi stolti accendono fiaccole o pratica altre superstizioni, ordiniamo seriamente che quella più malvagia e usanze detestabili da Dio, ovunque si trovino, dovrebbero essere rimosse e distrutto».
La chiesa non è mai stata in grado di sradicare completamente alberi, pietre e culti dell'acqua. I pozzi un tempo dedicati agli antichi dei furono risantificati in nome di falsi santi, e le immagini di Maria venenro collocate nelle grotte sacre alla Dea della Terra.