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[Trad] Nomi di Zeus: Giove

Fonte di Luce

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Aug 9, 2024
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Names of Zeus; Jupiter

Giove era il Dio supremo del pantheon romano. Man mano che lo Stato romano, attraverso le sue forme repubblicane e imperiali, si diffondeva in molti angoli della terra, questa rappresentazione del Dio divenne estremamente importante sotto molti aspetti, in particolare divenne nota come la rappresentazione di Zeus che comprendeva tutte le aree delle terre del Nord conquistate dai Romani.

L’immaginario dello Stato romano in tutte le sue sfaccettature, imperiali, legali e religiose, era legato a Giove, un principio che risale al leggendario fondatore di Roma, il re Romolo. Le convenzioni relative a Giove erano fortemente legate all’equivalente greco, Zeus, al punto che le due figure sono quasi identiche.

PADRE DEL CIELO

Fin dalle prime fasi, il culto di Giove era legato alla distinta forma latina di Dieuspater. Sono inoltre rintracciabili influenze dall’etrusco Tinia. Tuttavia, più di ogni altra cosa, le influenze ellenistiche giunsero a Roma da periodi antichi, per sintetizzare ogni aspetto di Giove come un corollario molto forte del loro stesso Grande Dio, un parallelo di ciò che è già avvenuto in diversi gruppi in Italia che avevano preso a modello influenze elleniche.

Questo è affermato con enfasi e ripetutamente dagli autori romani, anche da quelli ultraconservatori ostili alla cultura greca. Nella maggior parte dei casi, non esiste una separazione significativa tra Giove e Zeus. Le principali differenze risiedono nella centralità di Giove nello Stato romano rispetto alla maggior parte degli stati greci e in certe tradizioni culturali.

GOVERNO DI ROMA

Roma era legata al culto di Giove fin dall’inizio. Proprio come Amon in Egitto, tutti i governi romani facevano giuramento a questo Dio. Gli auspici di Giove erano di estrema importanza nel decidere chi dovesse governare e legiferare per Roma fino all’epoca imperiale.

Dionigi di Alicarnasso dimostra che il re Romolo decise la propria forma di governo dopo aver esaminato i sistemi politici e religiosi dei Greci, degli Etruschi e di altri popoli. Egli consultò il popolo e chiese se dovesse governare, e il popolo acconsentì.

Infine, cercò un segno divino. La scelta del governo fu approvata da Zeus:

“E quando il popolo approvò, fissò un giorno in cui si proponeva di consultare gli auspici riguardo alla sovranità; e quando giunse il momento, si alzò allo spuntar del giorno e uscì dalla sua tenda.

Successivamente, prendendo posizione sotto il cielo aperto in uno spazio libero e offrendo prima il consueto sacrificio, pregò il re Giove e gli altri dèi che aveva scelto come patroni della colonia, affinché, se fosse stato loro piacere che egli divenisse re della città, apparissero nel cielo alcuni segni favorevoli.

Dopo questa preghiera un fulmine attraversò il cielo da sinistra a destra. I Romani consideravano il fulmine che passa da sinistra a destra come un auspicio favorevole, essendo stati istruiti in tal senso dai Tirreni o dai loro stessi antenati.



Dunque, quando Romolo, nell’occasione menzionata, ricevette l’approvazione del cielo, convocò il popolo in assemblea; e, dopo aver raccontato loro questi auspici, venne eletto re. Stabilì come consuetudine, da osservare da parte dei suoi successori, che nessuno dovesse accettare la carica di re o qualsiasi altra magistratura senza che anche il cielo ne avesse dato il proprio assenso.

E questa usanza relativa agli auspici continuò ad essere osservata a lungo dai Romani, non solo quando la città era governata dai re, ma anche dopo il rovesciamento della monarchia, nelle elezioni dei consoli, dei pretori e degli altri magistrati legali…

DIONIGI DI ALICARNASSO, STORIA DI ROMA

In sostanza, ogni nomina alla regalità, al sacerdozio e alle magistrature dipendeva dagli auspici di Giove e dai segni da egli inviati nei cieli tramite fulmini, uccelli o altri simboli. Se Giove disapprovava, non c’era modo di nominare un individuo, a parte i casi di presa di potere con la forza.

Romolo costruì anche il primo tempio dedicato a Giove, chiamato Tempio di Giove Feretrio, sul colle Capitolino.

Anche durante il periodo della Repubblica, dopo la cacciata del malvagio re Tarquinio il Superbo, i due consoli eletti ogni anno a Roma richiedevano tale approvazione dagli Dèi. I senatori erano anche obbligati a promulgare leggi e decreti sotto importante giuramento nei confronti di Giove. Nel periodo repubblicano, la guida di Giove era collettiva e mirava a proteggere la collettività.

TEMPIO DI GIOVE OTTIMO MASSIMO

Il culto di Giove Ottimo Massimo venne creato da un altro sovrano di Roma, Tarquinio Prisco. Il tempio si trovava nel colle Capitolino.

Il Tempio era l’entità religiosa più importante dello Stato romano originario. Sulla sommità del tetto frontale, Zeus era rappresentato mentre guidava un carro d’oro a quattro cavalli, simboleggiando gli elementi e i quattro angoli dell’universo. Le camere dedicate a Giunone e Minerva, due componenti della principale Triade di Roma, si trovavano su ciascun lato dell’edificio.

Veniva utilizzato per molteplici scopi, spesso per firmare trattati e altri elementi sotto gli occhi di Zeus. Si può quindi dire che l’espansione dello Stato romano avvenne sotto la sua supervisione in quanto guardiano divino dello Stato. Anche all’epoca dell’imperatore Marco Aurelio, veniva utilizzato abbondantemente per tali scopi.

Prima e dopo le campagne militari, i generali consacravano tutto a Giove. L’immagine dell’Aquila di Giove, legata anche al rappresentante di Zeus chiamato Forcas, rappresenta il trionfo della vittoria e il compimento degli sforzi militari. Tutte le vittorie militari romane significative venivano celebrate con le famose processioni del Trionfo e terminavano sempre al Tempio di Giove Ottimo Massimo sul colle Capitolino.

Inoltre, il re Numa Pompilio creò una classe correlata di funzionari sacri chiamati feziali, il cui compito era quello di garantire che Roma non si impelagasse in guerre con gli alleati. Le loro funzioni includevano anche l’inizio del conflitto. Se un altro stato aveva arrecato danno a Roma, i Romani facevano dichiarazioni di guerra anticipate più volte: una volta presso i confini stranieri, una volta entrati nel territorio e incontrato un abitante, una volta ai guardiani delle porte di detta entità, e poi direttamente ai governanti e ai magistrati. Ogni volta, i feziali facevano giuramento a Giove, lamentando la possibile distruzione da entrambe le parti.

Solo dopo un periodo di trenta giorni i feziali si riunivano e proclamavano al Senato che la guerra era giusta. Questa pratica dimostra con quanta serietà gli Dèi incoraggiassero Roma a considerare le questioni marziali. Si lega molto profondamente ai concetti di legge, xenia e guerra giusta, tutte questioni di Zeus che si intrecciarono con lo Stato romano.

Un elemento di questo era espresso in Giove Lapis. Egli era il testimone divino di ogni giuramento e trattato importante. Nei trattati solenni, i Romani chiamavano Giove nel suo aspetto di Giove Lapis (Giove della Pietra Sacra) affinché punisse gli spergiuri, anche se si trattava degli stessi Romani come collettività. Livio descrive la cerimonia feziale in cui un sacerdote colpiva un maiale con una pietra focaia mentre implorava Giove di colpire Roma se avesse violato il trattato: “Tu, Diespiter (Giove), colpisci il popolo romano come io colpisco oggi questo maiale, e colpiscilo ancor più, poiché tu sei più grande e più forte…”

FLAMEN DIALIS

Il Sommo Sacerdote di Giove a Roma, il Flamen Dialis (“Fiamma di Zeus Incarnato”) doveva essere un patrizio aristocratico, sposato, senza difetti fisici né morali, scelto dal Pontifex Maximus e poi dagli Dèi. Questa pratica fu inaugurata da Numa Pompilio. Poiché rappresentava colui che dava i giuramenti, gli era proibito prendere giuramenti personalmente. Proprio come il diadema di Amon, doveva indossare un cappello conico chiamato Apex in pubblico, in ogni momento.

Il sacerdote di Giove risiedeva sulla sedia curule reale e aveva anche le tradizionali guardie del corpo dei sovrani, i littori. Sebbene gli fosse permesso un posto permanente nel Senato per ascoltare, l’intromissione negli affari politici e militari era espressamente vietata. Essenzialmente, le sue responsabilità erano infinite, ma comprendevano il dover essere sempre a Roma ed essere il ponte tra il divino e l’umanità.

La sua sacra moglie, la Flaminica, aveva anche responsabilità complesse, molte delle quali riguardavano l’interpretazione degli auspici dei fulmini da parte di Giove. Si riteneva che fosse l’immagine vivente di Giunone (Era). La morte della Flaminica significava che il Flamen non poteva più ricoprire la carica, dimostrando che questa carica era legata a un’unione molto sacra.

LA QUERCIA

Un aspetto di Giove era la generale riverenza verso alla quercia, condivisa con il simbolismo di Zeus e Thor. Gli autori classici spiegavano che tale albero si trovava sul colle Capitolino, dove fu fondata Roma, ma c’erano altri elementi mistici coinvolti nell’associazione del Padre del Cielo con questo particolare simbolo.

Si credeva che la quercia attirasse i fulmini, fungendo da condotto attivo per i processi di Giove. Sacerdoti importanti come il Flamen Dialis portavano spesso rami e corone di quercia, simbolo di come Zeus dà bioelettricità alle cose “inerti”.

La fecondità della quercia nel produrre ghiande creava un parallelo di come compiacere il Dio portava alla prosperità dello Stato romano. Rappresentava anche la longevità, poiché i Romani sapevano bene che la durata di vita di questi alberi può essere antica.

Infine, proprio come la famosa quercia di Dodona, in Grecia, legata a Zeus Naios, i Romani ritenevano che questi alberi potessero essere utilizzati a scopo divinatorio.

”Si licet antiquos meminisse, dicata Iovi quercus.
Se è lecito ricordare gli antichi, [sappiate che] la quercia [è] dedicata a Giove.

OVIDIO, I FASTI

GIOVE NEL SIMBOLISMO IMPERIALE


Dopo essere diventato Imperatore di Roma, Augusto mise Giove al centro della vita romana. Suo padre adottivo, Cesare, apportò un cambiamento significativo, poiché sfruttò l’autorità religiosa per fini politici, presentandosi come il guardiano dell’ordine sacro di Roma. Augusto portò questo un passo avanti in una direzione più pia.

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Il cambiamento fondamentale fu che la Repubblica considerava Giove come il divino patrocinatore della gestione politica collettiva di Roma, ma sotto Augusto, Giove fu riconsiderato come il patrocinatore divino del Princeps di Roma, nel bene o nel male. Giove divenne la suprema autorità divina che sosteneva la legittimità del Principato.

Inoltre, il regno di Augusto vide una consapevole rinascita dei simboli tradizionali in linea con la sua rinascita della religione romana: L’immagine di Giove nei suoi archi di trionfo e sugli stendardi legionari come aquila significava che il Giove gioviano ora favoriva la Pax Augustea. L’iconografia di Giove si è evoluta da una figura statica di guardiano guerriero della Repubblica a una figura più dinamica nella propaganda augustea, integrando il più possibile aspetti dello Zeus ellenico; visivamente sempre il re degli Dèi, ma ora deliberatamente mostrato come sostenitore della Roma restaurata di marmo e oro di Augusto.

Nei giuramenti politici si vede a un cambiamento. I funzionari repubblicani giuravano per Giove e per le leggi, mentre sotto Augusto i sudditi e i funzionari iniziarono a prestare giuramenti di fedeltà che invocavano insieme Giove e il genio dell’imperatore, legando il ruolo di garante di Giove alla persona dell’imperatore. Il linguaggio simbolico del potere poneva Giove come il corrispettivo celeste del sovrano terreno.

Anche qui l’enfasi era importante: Se l’imperatore falliva nel suo ruolo, gli Dèi, attraverso i loro organi terreni, lo avrebbero giudicato inadatto all’apoteosi. In parte, Augusto fece questo per dare al Senato un certo potere particolare e per prevenire la tirannia.

BIBLIOGRAFIA

Cassio Dione, Storia romana

Tito Livio, Storia di Roma

Svetonio, Vita di Giulio Cesare

Ovidio, Metamorfosi

Svetonio, Vita di Augusto

Dionigi di Alicarnasso, Storia di Roma

Triumph, x-legio.com

Cyril Bailey, La religione di Roma antica

Denarius - Augustus IOV TON; Jupiter, Numista

CREDITO:

Karnonnos [GT]
 

Al Jilwah: Chapter IV

"It is my desire that all my followers unite in a bond of unity, lest those who are without prevail against them." - Shaitan

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